Quali metriche analizzare per le attività di customer retention

Il principale errore in cui incappano la maggior parte degli Ecommerce è concentrare tutta la loro attenzione sull’acquisizione dei nuovi clienti, dando per scontato che chi ha già comprato tornerà spontaneamente, senza il bisogno di una spintarella.

Ebbene, devi sapere che mediamente circa il 60-80% dei tuoi clienti si è fermato al primo ordine. Questo vuol dire principalmente due cose:

  1. stai lasciando molti soldi sul tavolo
  2. non stai ammortizzando gli investimenti pubblicitari in acquisizione sostenuti.

Solitamente gli Ecommerce con cui lavoro si chiedono qual è il ROAS e il CPA delle campagne. Naturalmente è correttissimo tenere monitorati questi dati, però non dovremmo limitarci solo ad essi bensì avere bene presente il nostro obiettivo ultimo: fidelizzare il cliente in modo da aumentare il LTV.

Faccio un esempio:

Posso ottimizzare talmente bene le campagne da portare il ROAS ad un livello superiore al break-even point (punto di pareggio), ma poi cosa succede al cliente che ha acquistato?

Effettui la prima vendita in profitto, ma se poi non riacquista? Hai speso una barca di soldi e tempo per ottenere una frazione di quello che potrebbe portarti.

In questa tabella mostro 3 esempi, così strutturati:

  • Caso 1: un solo acquisto con 10€ di costo per cliente acquisito
  • Caso 2: 3 acquisti con un costo per cliente acquisito di 15€
  • Caso 3: 3 acquisti con un costo di acquisizione di 20€ e prima vendita in perdita
Caso 1Caso 2Caso 3
Costo per cliente acquisito10€15€20€
Margine netto sulla prima vendita12€15€15€
Profitto sulla prima vendita2€0€-5€
Margine lordo sulle vendite successive30€ (15 x 2)30€ (15 x 2)
LTV attuale (margine – costi variabili)2€30€25€

Come puoi vedere il CPA acquisisce tutto un altro significato se subordinato al LTV.

Le coorti sono tutto

Perdonami se apro un’altra digressione, ma è fondamentale per affrontare tutte le metriche che seguiranno.

Nell’analisi dei dati, specialmente quando hai applicato una modifica che impatta sul comportamento degli utenti (vedi la fidelizzazione), è fondamentale assicurarti di confrontare le mele con le mele. Devi confrontare lo stesso dato.

Prendiamo un esempio molto semplice. Al 31/01 il tuo NPS basato su 10.000 rispondenti era del 50%. Una metrica decisamente migliorabile. Decidi quindi di lavorare sull’esperienza cliente in toto e a distanza di 2 mesi il tuo NPS è passato al 59%. Decisamente meglio.

Ma consideriamo un aspetto: in questi 2 mesi hai ottimizzato anche li canali di acquisizione clienti, portando 1.500 nuovi clienti che hanno risposto al medesimo sondaggio.

Scindendo il NPS tra clienti esistenti e nuovi clienti ti ritrovi con questa situazione:

Clienti esistentiNuovi clientiTotale
Totale rispondenti10.0001.50011.500
Promotori7.6501.4929.142
Detrattori2.35082.358
Promotori netti5.3001.4846.784
NPS53%99%59%

Praticamente tutti i nuovi clienti sono entusiasti, mentre il bacino precedente, nonostante tutti gli sforzi, si mostra ancora insoddisfatto.

Questo porterà necessariamente ad approfondimenti ulteriori visto che le variabili da considerare sono diverse. Però serve per farti capire che scindendo il dato nelle varie componenti temporali, la situazione in realtà è più rosea di quanto sembri se presa nel complesso (dipende però sempre dai punti di vista).

Dopo questo preambolo decisamente lungo, vediamo quindi quali sono le principali metriche da monitorare per avere una prima visione sulla strategia di customer retention.

LTV, CLV o Lifetime Value

Grafico lifetime value LTV

Il lifetime value, conosciuto anche come LTV o CLV (Customer Lifetime Value) è la metrica regina, quella che ogni azienda dovrebbe conoscere e tenere costantemente monitorata per valutare la bontà delle attività di customer retention.

Il lifetime value rappresenta il valore economico prodotto dal cliente lungo tutto il suo rapporto con la tua azienda.

Per poterlo calcolare ti occorreranno i seguenti dati:

  • Margine operativo lordo: entrate – costi variabili
  • Tasso di fidelizzazione o Retention rate: il numero di clienti mantenuti dall’inizio alla fine del periodo considerato
  • Tasso di sconto: percentuale che permette di calcolare il valore attuale di ricavi futuri.

La formula finale del LTV è dunque:

LTV = Margine € x [ Tasso di fidelizzazione / (1 + Tasso di sconto – Tasso di fidelizzazione)]

È proprio grazie al LTV che la tua azienda potrà permettersi di prosperare nel lungo periodo e far fronte al costante aumento dei costi pubblicitari e della concorrenza.

Il lifetime value ha infatti il potere di dirti fino a che punto può essere sostenibile l’investimento ed il costo per acquisizione di un nuovo cliente, evitando quindi di farti prendere decisioni drastiche come la riduzione degli investimenti a causa di aumenti dei CPA, CPC o diminuzioni del ROAS.

Il tutto si può riassumere in queste due casistiche:

  • CPA >= LTV : l’investimento non è sostenibile
  • CPA < LTV : avanti tutta con l’investimento, mantenere il cliente nel tempo porterà più valore di quello richiesto per acquisirlo.

Nel caso in cui non si conoscessero i margini, il tasso di retention e ancora quale tasso di sconto applicare, è possibile ricavare una stima del LTV dei clienti considerando gli importi medi dell’ordine e il numero medio di ordini effettuati dai clienti prima di abbandonare l’Ecommerce.

LTV = Importo medio ordine x Ordini medi lifetime

Non considerando le marginalità, questo tipo di calcolo quantifica il LTV sotto il punto di vista dei volumi piuttosto che del profitto generato. In ogni caso è utile per farsi un’idea dell’indotto generato.

Churn rate o tasso di abbandono

Churn rate o tasso di abbandono

Del churn rate ne abbiamo discusso in modo approfondito nell’articolo dedicato appunto a come calcolare il tasso di abbandono. In questo articolo mi limiterò nel ripercorrere le logiche di funzionamento e il metodo di calcolo.

Il churn rate o tasso di abbandono misura la proporzione di clienti che nell’intervallo esaminato non hanno effettuato una transazione, rinnovato un abbonamento o acquistato un prodotto fisico.

Il tasso di abbandono può dunque essere ottenuto con questa formula:

Churn rate = [(Clienti a inizio periodo – Clienti a fine periodo) / Clienti a inizio periodo] x 100

Faccio un esempio: vuoi analizzare le vendite dal 02/01 al 30/06. Ad inizio periodo, il 01/01, ti ritrovi con 100 clienti paganti mentre alla fine, il 01/07, con 110 clienti composti da 95 già presenti e 15 nuovi.

Il tuo churn rate sarà dunque:

Churn rate = (100 – 95) / 100 x 100 = 5/100 x 100 = 5%

Retention rate o tasso di fidelizzazione

Distribuzione segmenti RFM

Insieme al LTV e al churn rate, il tasso di fidelizzazione costituisce il primo set di metriche indispensabili della customer retention.

Il retention rate rappresenta il numero di clienti che in un dato arco temporale hanno acquistato rimanendo quindi fedeli all’azienda. Come con il churn rate, il calcolo deve essere effettuato sullo stesso paniere di clienti presenti sia all’inizio che alla fine dell’analisi, in modo da escludere dunque i nuovi clienti acquisiti in itinere.

Retention rate = [(Clienti a fine periodo – Nuovi clienti) / Clienti a inizio periodo] x 100

Il tasso di fidelizzazione inoltre è il perfetto contraltare del churn rate, infatti per conoscere uno basta ottenere l’altro.

Retention rate = 1 – Churn rate

A dimostrazione di ciò, riprendiamo l’esempio precedente: 100 clienti a inizio periodo, 110 alla fine di cui 95 presenti ad inizio analisi e 15 nuovi. Il retention rate (o RR) sarà dunque:

RR = (110 – 15)/100 x 100 = 95/100 x 100 = 95%

RR = 1 – 0,05 = 0,95 = 95%

Frequenza media di acquisto

Frequenza media di acquisto

La frequenza media di acquisto è un altro dato fondamentale per poter comprendere a carattere generale quanti acquisti vengono effettuati in media dai tuoi clienti.

Essendo una media, rischi sempre di perdere il dettaglio di come effettivamente si comportano i diversi segmenti di clienti.

Se ti fermassi al primo livello di analisi non sapresti ad esempio se acquistano di più le donne degli uomini, piuttosto che i nuovi clienti rispetto a quelli attuali oppure ancora le persone che acquistano una determinata categoria prodotto piuttosto che un’altra.

In questa prima fase potresti dunque iniziare col calcolare la frequenza di acquisto su due ambiti:

  • complessivo
  • per segmento RFM

La frequenza di acquisto complessiva si ottiene dividendo il numero totale di transazioni effettuate nel periodo esaminato per i clienti paganti unici.

Frequenza media di acquisto = Transazioni / Clienti unici

Per avere un dato più preciso ti consiglio però di escludere dal calcolo tutti i clienti che hanno effettuato un solo acquisto, considerando dunque solo quelli che hanno comprato almeno due volte da te.

Un confronto della frequenza di acquisto dei clienti totali e dei clienti con almeno due ordini ti aiuterebbe infatti a capire meglio a quali benefici andresti in contro migliorando il tuo processo di onboarding e sviluppo dei secondi ordini.

Questo stesso procedimento lo puoi replicare inoltre per ogni segmento RFM, in modo da indagare quale tipologia di clienti presenta i valori più alti (o più bassi) e dunque su quali potresti predisporre delle attività mirate.

Nella guida alla costruzione della matrice RFM con Excel (che se non hai scaricato ti consiglio di fare) ad esempio scopriresti che i segmenti hanno abitudini di acquisto molto diverse tra loro:

Frequenza media di acquisto

Come puoi vedere dalla tabella pivot, la frequenza complessiva è di 1,95 acquisti per cliente. Esplodendo però il dato complessivo nei diversi segmenti di cui si compone il tuo parco clienti, puoi cogliere alcuni dettagli molto importanti:

  • i clienti VIP hanno effettuato mediamente 25 acquisti a testa nell’arco di 30 mesi
  • i clienti ad alto potenziale da riattivare (Recency = 1-2, Frequency e Monetary >= 3) sono pochi ma strategici per il tuo business
  • i nuovi clienti ed i clienti persi costituiscono l’83% del totale clienti e riducono drasticamente la media.

PS: se non l’hai ancora scaricata, ti consiglio di farlo subito. 45 pagine che ti spiegheranno passo dopo passo come realizzare la tua matrice RFM in excel e ottenere questi insight preziosissimi.

Tempo medio di riordino

Il tempo di riordino medio è strettamente legato alla frequenza di acquisto. Se infatti quest’ultima quantifica la media di ordini per cliente, il tempo medio di riordino ti dice quanti giorni intercorrono tra un acquisto e l’altro ed è ottenuto dal rapporto tra il numero di giorni che compongono il periodo in analisi e la frequenza media di acquisto.

Tempo medio di riordino = # giorni nel periodo esaminato / Frequenza di acquisto

Concettualmente, per calcolare il tempo di riordino dovresti escludere dalla base clienti tutte le persone che hanno fatto un solo acquisto (dopotutto non hanno mica riacquistato).

Come la frequenza di acquisto, anche il tempo di riordino dovrebbe essere analizzato a livello macro (tutti i clienti) ma anche e soprattutto a livello più micro, partendo quindi ad esempio dai segmenti RFM così come dai generi o dalle categorie prodotto acquistate per poi scendere ancora più in profondità.

In ogni caso, ti consiglio sempre di fare un passo alla volta ed andare progressivamente più in dettaglio.

Tasso di riacquisto

Tasso di riacquisto

Sempre riguardo alle metriche legate all’acquisto, troviamo poi il tasso di riordino. Questa metrica rappresenta fondamentalmente la percentuale di clienti che aumenta la propria Frequency (frequenza di acquisto).

Puoi immaginarti il tasso di riordino come una scala potenzialmente infinita (ma legata al tuo LTV) in cui al primo gradino corrisponde il primo ordine ed ogni ulteriore scalino rappresenta un ulteriore acquisto effettuato.

Il cliente quindi nel proseguire il suo rapporto con il tuo Ecommerce non farà altro che salire per questa scala.

Tasso di riacquisto = Clienti che hanno riacquistato / Clienti a inizio periodo x 100

Un esempio chiarirà meglio il concetto.

Al 01/01/2021 hai 100 clienti, di questi 100 nel corso del periodo esaminato 10 effettuano un ulteriore acquisto. Alla fine del periodo esaminato il tuo tasso di riacquisto sarà quindi:

= 10 / 100 x 100 = 0,10 x 100 = 10%

Dal momento che parliamo di attività di customer retention, a noi non interessa un tasso di riacquisto generale bensì il tasso di riordino suddiviso per la Frequency. Detto in altre parole, ci interessa sapere:

  • Quanti clienti al primo ordine effettuano il secondo
  • Quanti secondi ordini sfociano in terzo
  • Quanti clienti al terzo ordine acquistano per la quarta volta
  • E così via..

Tasso di won-back

Il tasso di won-back è una metrica strettamente legata al recupero dei clienti persi. Il termine won-back significa letteralmente “vinto” e questo dato rappresenta proprio i clienti che abbiamo vinto, riattivandoli dopo un lungo periodo di inattività.

Il tasso di won-back è dato quindi dal rapporto tra i clienti risorti ed il totale dei clienti persi.

Tasso di won-back = Clienti persi riattivati / Totale clienti persi

Tenere monitorata questa metrica ti permetterà di capire dunque se le attività di customer retention e più nello specifico quelle legate alla riattivazione dei clienti dormienti, stanno sortendo effetti oppure se occorrerà aggiustare il tiro.

Tasso di redenzione

Se la tua strategia di fidelizzazione prevede dei coupon specifici come incentivi al riacquisto, il tasso di redenzione o redemption rate è la metrica che fa al caso tuo.

Il tasso di redemption misura infatti il numero di coupon riscattati rispetto al totale di coupon distribuiti.

Tasso di redemption = Coupon riscattati / Coupon emessi

A seconda dei casi il tasso di redemption può coincidere con il tasso di riacquisto o il tasso di won-back. Tutto dipende naturalmente se il cliente decide di usare il coupon oppure no 😉

NPS – Net Promoter Score

Parlando di customer retention non possiamo poi non menzionare il Net promoter score, l’indicatore principale della tua customer advocacy ovvero della propensione dei tuoi clienti a parlare bene di te alla loro cerchia di conoscenze ed affetti, diventando dunque brand ambassador o advocate.

NPS net promoter score

Per misurare il NPS, viene richiesto ai clienti su una scala da 1 a 10 quanto è probabile che raccomanderanno l’azienda o il brand ad un amico o collega. In base alle risposte i clienti sono suddivisi in:

  • Promotori (punteggi 9-10): chi è disposto a raccomandare l’azienda.
  • Neutrali (punteggi 7-8): clienti soddisfatti ma non entusiasti.
  • Detrattori (punteggi 1-6): clienti che non raccomanderanno l’azienda ad altri.

Il net promoter score misura dunque la proporzione di clienti promotori dell’azienda o del brand rispetto ai detrattori.

NPS = % promotori – % detrattori

oppure ancora,

NPS = [(# promotori – # detrattori) / # rispondenti] x 100

Il risultato della formula è un valore assoluto che può andare da -100 a +100. Punteggi alti testimoniano la capacità dell’azienda di generare clienti soddisfatti. All’opposto punteggi bassi o addirittura negativi indicano una criticità da risolvere con la massima urgenza, perchè un NPS negativo è spesso il preludio di tassi di abbandono elevati.

Valore medio dell’ordine, carrello medio e AOV

Valore medio dell'ordine, carrello medio o AOV (Average order value)

Se il tuo obiettivo è incrementare il margine o il valore monetario delle transazioni, non puoi non considerare il valore medio dell’ordine, conosciuto anche come carrello medio o con l’acronimo AOV (Average order value).

Il carrello medio si ottiene dividendo il valore della merce acquistata per il numero di prodotti acquistati:

Valore medio dell’ordine = Importo dell’ordine / Quantità acquistata

Se quindi hai impostato una strategia di upsell tramite email o campagne di remarketing, monitorare questa metrica ti permetterà di capire se la tua strategia è efficace, ovvero se porta i clienti ad effettuare acquisti più costosi.

Il valore medio dell’ordine si può calcolare anche come media di tutti gli importi di vendita degli acquisti. Solitamente è più frequente trovare questa seconda modalità di calcolo nelle principali piattaforme di analytics, in primis Google Analytics stesso.

Il calcolo dell’AOV complessivo è molto semplice, dopotutto parliamo di una semplice media, perciò:

AOV = Importo totale degli ordini / Ordini totali

Ipotizziamo di avere registrato a dicembre 10.000€ di entrate da 100 acquisti, l’AOV complessivo sarebbe quindi: 10.000€ / 100 = 100€

Metriche delle attività di marketing

Oltre a questi KPI di alto livello, dovrai tenere monitorate anche le metriche di tutte le attività di marketing legate alla retention.

Se ad esempio hai predisposto attività di email marketing o campagne PPC, immagino che sarai interessato a conoscere la loro efficacia e ad ottimizzarne le performance per portare ancora più risultati.

Vediamo quindi quali sono i principali KPI legati alle attività di marketing per la retention che dovresti monitorare.

Open rate o tasso di apertura delle email

L’open rate è una metrica soft che ti permette di capire se le tue email sono impattanti al punto giusto da invogliare il cliente ad aprirle per leggerne il contenuto.

Il tasso di apertura unico è dunque calcolato come rapporto tra le aperture uniche delle email (quante persone hanno aperto almeno una volta im messaggio) e il totale di invii andati a buon fine, esclusi quindi i bounce e tutti gli errori.

Open rate unico = Aperture uniche / Invii andati a buon fine

CTR (Click-through Rate) o tasso di click

Il CTR fornisce un’indicazione molto precisa dell’efficacia del tuo messaggio di marketing, perchè rappresenta la percentuale di click su un link o un elemento rispetto alle esposizioni al messaggio, sia esso un’email un banner Display o un’inserzione su Facebook.

Nelle email viene calcolato come rapporto tra il numero di click e gli invii andati a buon fine (CTR generale).

CTR sulle email = Click su un elemento o link / Invii andati a buon fine

Esiste poi il livello di approfondimento del CTR basato soltanto sulle email aperte anzichè su tutte quelle inviate. Parliamo in questo caso del CTOR (Click-Through on Open Rate).

CTOR = Click su un elemento o link / Aperture totali dell’email

Nelle campagne di advertising invece il CTR si ottiene dal rapporto tra il numero di click sull’annuncio e il numero di visualizzazioni dello stesso (impressioni).

CTR degli annunci = Click sul link / Impressioni

In tutti questi casi, se sai che la pagina di vendita ha un ottimo tasso di conversione, migliorare il CTR delle email o degli annunci non farebbe altro che portare, a parità di audience, più traffico sulla pagina e quindi più acquisti.

Tasso di conversione, CR o conversion rate

L’obiettivo delle attività di customer retention è naturalmente spingere i tuoi clienti a compiere l’azione desiderata, sia essa un acquisto lasciare una recensione o invitare un amico ad iscriversi.

Sto parlando del tasso di conversione, che può essere calcolato in questo modo:

Conversion rate = Utenti che eseguono un’azione / Utenti a cui è stato richiesto di eseguire un’azione

Monitorare il tasso di conversione, sia esso delle campagne PPC o dalle email, ti permette di capire se e dove sono presenti dei colli di bottiglia in modo da predisporre le conseguenti azioni correttive.

Per poterlo misurare, è buona norma che ogni campagna, email o attività di marketing in generale sia strutturata per il compimento di un’azione principale (es. l’acquisto).

Naturalmente ogni metrica presenta delle micro-metriche (es. aggiunte al carrello, avvii del checkout, inserimento del metodo di pagamento) che dovrai comunque monitorare per capire esattamente dove avvengono gli abbandoni principali.

CPA, Costo per conversione e ROAS

Il CPA (Cost per action) insieme al ROAS (Return on advertising spend) rappresentano le ultime due metriche a livello di campagna necessarie per valutare, insieme al tasso di conversione, la profittabilità e l’efficacia delle tue campagne e quindi della strategia e comunicazione.

Il CPA misura il costo medio sostenuto per ogni azione di conversione compiuta dal cliente. Siccome è calcolato a livello di campagna (o anche gruppo di annunci nel caso di Facebook), è necessario quindi onde evitare calcoli inesatti che ogni campagna abbia un obiettivo di conversione primario.

CPA = Spesa / Conversioni

Se ad esempio hai impostato degli annunci destinati ai clienti al primo ordine con l’obiettivo di stimolare il secondo acquisto, il KPI saranno dunque gli acquisti. Il CPA di questa campagna sarà quindi calcolato dividendo l’investimento pubblicitario sostenuto per il numero di transazioni effettuate dai clienti.

Se invece lanci una campagna di lead generation, il CPA corrisponderà al CPL (Costo per lead) proprio perchè il tuo obiettivo in questo caso sarà la generazione di contatti piuttosto che l’acquisto.

Il ROAS è invece un indicatore strettamente legato alla marginalità e quindi al profitto, dal momento che misura il ritorno economico sull’investimento pubblicitario sostenuto. Detto in altri termini: quanti ricavi produce ogni euro investito in pubblicità.

ROAS = Entrate generate / Investimento pubblicitario

Se ad esempio hai impostato delle campagne di upselling per i clienti al terzo ordine, impostare una strategia di offerta su Google Ads basata sul target ROAS ti permetterà di indicare al machine learning di Google di mostrare i tuoi annunci ai clienti più propensi a spendere di più per assicurarti appunto il ROAS desiderato.

Un’altra strategia di offerta automatica di Google Ads molto utile allo scopo è quella chiamata “Massimizza valore delle conversioni”, molto simile al target ROAS ma meno specifica dal momento che non fornisci un obiettivo di rendimento preciso.

Sarò un guasta feste, ma ci tenevo a precisare che il ROAS a seconda dei casi può rivelarsi una metrica un po’ miope e limitata, che dovrebbe essere sostituita dal MER (Marketing Efficiency Ratio). Nell’articolo linkato ti spiegherò il perchè 😉

Conclusioni

Il parco clienti esistenti e fedeli rappresenta l’asset di maggior valore della tua azienda, perchè come dimostrato dalla Harvard Business Review un aumento del tasso di fidelizzazione del 5% può portare ad un incremento dei profitti tra il 25% ed il 95%.

L’obiettivo di ogni azienda è sì acquisire nuovi clienti, ma soprattutto mantenere quelli già esistenti in modo da ammortizzare i relativi costi di acquisizione e fargli generare sufficiente valore per poter prosperare e crescere negli anni.

Da qui l’importanza di tenere costantemente monitorate tutte le metriche di retention descritte in questo articolo, così da riuscire ad agire tempestivamente laddove dovessero verificarsi dei cali o anomalie.

Per riuscire nell’intento, dovrai raffinare l’analisi di ogni KPI andando via via sempre più nel dettaglio. Il principio di Pareto parla chiaro: il 20% degli eventi (clienti) determina l’80% degli effetti (ricavi).

Il tuo obiettivo è quindi scavare piano piano nei dati per individuare questo 20% dei clienti, predisporre delle azioni finalizzate a massimizzarne la retention per poi dedicarti, una volta ottimizzati i flussi e resi stabili i risultati, sul restante 80% dei clienti.